Le informazioni contenute in questo sito sono destinate in via esclusiva agli operatori professionali della sanità in conformità all'art. 21 del D.Lgs. 24 febbraio 1997, n. 46 s.m.i e alle Linee Guida del Ministero della Salute del 17 febbraio 2010 e successivo aggiornamento del 18 marzo 2013. AccettoMaggiori informazioni

21 luglio 2022

Epilessie autoimmuni e Ab anti GAD

Epilessia-cosè-cause-e-sintomi-845x480-1

Un po’ di storia

L’epilessia nella storia dell’umanità ha coinvolto aspetti culturali, sociali, religiosi e filosofici. Nessuna malattia è stata bersagliata da credenze popolari e da pratiche misteriche come l’epilessia. Gli attacchi epilettici venivano interpretati come fenomeni soprannaturali o addirittura demoniaci.

Nel V° secolo avanti Cristo veniva identificata come “morbo sacro” e le sue origini demoniache cominciarono ad essere confutate soltanto nel 400 a.C.  da Ippocrate che parlava di “ flegma, un liquido freddo e umido, prodotto dal cervello, responsabile delle crisi epilettiche.

Presso i romani gli epilettici divenivano oggetto di disprezzo specie se durante un comizio uno spettatore aveva una crisi (da qui il termine di morbo comiziale).

Nel Medioevo le dicerie sulla possessioni demoniache degli epilettici addirittura si accentuarono. Fu proprio il difendersi del cristianesimo a favorirne ulteriormente la convinzione.

Durante il Rinascimento le cose non migliorarono e non mancarono quelli che assegnarono agli ammalati epilettici doti di genialità e fu così che, all’inizio del 600, un medico francese, Jean Taxil, in un suo trattato, aggiunse alla lista di epilettici famosi citati da Aristotele (Ercole, Aiace, Bellerofonte,Socrate, Platone, Empedocle) anche quelli di imperatori come Giulio cesare e Caligola, di poeti come Petrarca e del profeta Maometto dimostrando in tal modo la connessione tra malattia epilettica e genio .

Il secolo dei lumi con il trionfo della Ragione, segnò una svolta decisiva nella comprensione della epilessia che venne finalmente liberata dalle insulse credenze popolari con lo sviluppo di una nuova terapia a base di zinco e i primi tentativi di prevenzione nello studio di fattori che predisponevano il sistema nervoso alla malattia.

Nell’Ottocento si assiste finalmente ad un significativo progresso nelle conoscenze delle cause dell’epilessia e nella terapia, ma la malattia rimase ancora in ambito psichiatrico , ben lontana da essere considerata una malattia neurologica.

Il primo serio e rigoroso approccio scientifico fu di sir John Hughlings Jackson (1860) che interpretò la crisi epilettica come il risultato  di “un’improvvisa scarica di origine elettrica originata da alcuni circuiti nervosi”.

Gli studi successivi hanno ricondotto l’epilessia nell’ambito delle malattie neurologiche grazie all’approfondimento e alle ricerche sui meccanismi ezio-patogenetici la cui conoscenza ha aperto la strada alla diagnosi clinica e strumentale e alla terapia.

……. ma cos’è una crisi epilettica? E cos’è l’epilessia?

Per crisi epilettica si intende un evento parossistico per scarica abnorme e ipersincrona di neuroni del S.N.C.

Per epilessia si intende  una malattia neurologica caratterizzata dal ripetersi di crisi epilettiche, le cui cause possono essere legate ad una predisposizione genetica o a lesioni di varia natura come traumi, stroke, tumori, ecc.

Negli ultimi anni, la comunità scientifica ha iniziato a parlare sempre di più di una nuova causa: quella immunologica.

I meccanismi di epilettogenesi nelle forme autoimmuni riconoscono la presenza di anticorpi (autoanticorpi) rivolti contro i canali ionici (canali di potassio e calcio voltaggio dipendente), recettori del glutammato di tipo 3 (GLU3), decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD) e inoltre gangliosidi, cardiolipine, DNA e antigeni nucleari.

Si stima attualmente che il 20% delle epilessie delle quali non è individuabile l’origine siano autoimmuni. In sostanza, per motivi ancora sconosciuti, il sistema immunitario aggredisce i neuroni mediante anticorpi diversi producendo conseguenze anche molto gravi, che nella maggior parte dei casi possono tradursi in epilessie farmacoresistenti, problemi cognitivi (soprattutto disturbi di memoria) ma che possono riguardare anche disturbi del comportamento e addirittura problemi psichiatrici.

Le epilessie autoimmuni non rispondono ai farmaci antiepilettici, per questo motivo, per evitare di trattare il paziente a lungo con azioni non risolutive, è necessario l’intervento di un esperto sin dall’esordio della epilessia, per poter individuare subito questo tipo di causa e attuare la terapia più corretta a base di farmaci immunomodulanti.  Infatti i risultati dei test di laboratorio necessari per giungere alla diagnosi conclusiva sono spesso disponibili solo dopo molti giorni ed è quindi importante porre il sospetto clinico e impostare la terapia il prima possibile.

Anticorpi anti Decarbossilasi dell’Acido Glutammico

La decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD) è un’ enzima che catalizza a partire dall’acido glutammico la formazione dell’acido gamma amino butirrico (GABA). Esso svolge, come neurotrasmettitore, un’azione inibitoria del Sistema Nervoso Centrale ma si incontra anche nei soggetti con Diabete di tipo 1 (autoimmune).

Anticorpi anti-GAD si incontrano in numerosi disordini neurologici che si manifestano con crisi.

Risultati di studi presentati alla conferenza dell’Accademia Europea di Neurologia (European Academy for Neurology EAN) suggeriscono che le sindromi neurologiche associate a anticorpi anti decarbossilasi dell’acido glutammico (Glutamic Acid Decarboxylase GAD65) nella maggior parte dei pazienti migliorano dopo l’immunoterapia. Anche il titolo anticorpale diminuisce nella maggior parte dei pazienti che migliorano, pur non guarendo completamente.

E ancora

La sindrome della persona rigida (precedentemente nota come sindrome dell’uomo rigido) colpisce il sistema nervoso centrale, ma ha manifestazioni neuromuscolari.

La maggior parte dei pazienti con sindrome della persona rigida ha anticorpi contro l’acido glutammico decarbossilasi, enzima coinvolto nella produzione del neurotrasmettitore inibitorio acido gamma-aminobutirrico. Tuttavia, la sindrome della persona rigida può essere

  • Autoimmune
  • Paraneoplastica
  • Idiopatica

Il tipo autoimmune si associa spesso al diabete di tipo 1, così come ad altre malattie autoimmuni tra cui la tiroidite, la vitiligine, e l’ anemia perniciosa. Autoanticorpi contro diverse proteine coinvolte nelle sinapsi GABAergiche sono presenti nel tipo autoimmune, colpendo principalmente i neuroni inibitori che hanno origine nel corno anteriore del midollo spinale.

Meno dell’1-2% ha il tipo paraneoplastico. Anticorpi anti-amfifisina sono spesso presenti; gli anti-GAD di solito non lo sono. La sindrome paraneoplastica della persona rigida è comunemente associata al al cancro al seno, ma può verificarsi anche in pazienti con cancro polmonare, renale, della tiroide, del colon o linfoma di Hodgkin.

Le manifestazioni cliniche della sindrome della persona rigida sono simili in tutti i casi. La rigidità muscolare, l’aumento del tono, e gli spasmi progrediscono in modo insidioso ad interessare il tronco e l’addome e, in modo meno importante, gli arti inferiori e superiori. Per il resto i pazienti sono normali, e l’esame obiettivo evidenzia solo ipertrofia muscolare e rigidità. Tipicamente, la sindrome della persona rigida progredisce, portando a disabilità e rigidità in tutto il corpo.

La diagnosi di sindrome della persona rigida si basa sul riconoscimento dei sintomi ed è supportata da test degli anticorpi, risposta a diazepam, e risultati dell’elettromiografia, che mostrano l’attività elettrica della contrazione normale apparente.

snibe

offre un valido mezzo per la determinazione quantitativa  degli anticorpi anti anti GAD25 sulle piattaforme MAGLUMI

 

Antigad

USO Il kit è un immunodosaggio in chemiluminescenza in vitro per la determinazione quantitativa dell’anticorpo anti-decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD65) nel siero umano utilizzando l’analizzatore per immunodosaggi in chemiluminescenza completamente automatizzato della serie MAGLUMI (che comprende i modelli Maglumi 600, Maglumi 800, Maglumi 1000, Maglumi 1000 Plus, Maglumi 2000, Maglumi 2000 Plus, Maglumi 4000 e Maglumi 4000 Plus Maglumi X8- Maglumi X3).

SINTESI E SPIEGAZIONE DEL TEST Il glutammato decarbossilasi o decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD) è un enzima che catalizza la decarbossilazione del glutammato in GABA e CO2. Nei mammiferi, il GAD esiste in due isoforme codificate da due geni diversi: GAD1 e GAD2. Queste isoforme sono GAD67 e GAD65 con pesi molecolari di 67 e 65 kDa, rispettivamente. GAD1 e GAD2 sono espressi nel cervello, dove GABA viene utilizzato come neurotrasmettitore; GAD2 è altresì espresso nel pancreas1 . GAD65 e GAD67 sintetizzano GABA in diverse ubicazioni della cellula, in diversi momenti dello sviluppo e per scopi funzionali diversi. GAD67 viene diffuso uniformemente in tutta la cellula, mentre GAD65 è localizzato nelle terminazioni nervose. Si ritiene che questa differenza rifletta una differenza funzionale; GAD67 sintetizza GABA per l’attività neuronale non correlata alla neurotrasmissione, come la sinaptogenesi e la protezione da lesioni neurali. Questa funzione richiede una presenza diffusa e onnipresente di GABA. GAD65, tuttavia, sintetizza GABA per la neurotrasmissione, e pertanto è necessario esclusivamente nelle terminazioni nervose e nelle sinapsi. Al fine di aiutare nella neurotrasmissione, GAD65 forma un complesso con la proteina da shock termico 70 (HSC70), la proteina a catene di cisteina (CSP) e il trasportatore vescicolare del GABA (VGAT) il quale, come complesso, aiuta a impacchettare GABA in vescicole per il rilascio durante la neurotrasmissione. GAD67 viene trascritto durante lo sviluppo precoce, mentre GAD65 non viene trascritto fino a un momento successivo nel corso della vita. Questa differenza nello sviluppo di GAD67 e GAD65 riflette le proprietà funzionali di ciascuna isoforma; GAD67 è necessario per tutto lo sviluppo del normale funzionamento cellulare, mentre GAD65 non è necessario fino a un momento più tardo nello sviluppo, in cui l’inibizione sinaptica è più prevalente2-3 . La maggior parte dei pazienti diabetici di tipo 1 (70-80%) presenta autoanticorpi contro GAD65, che spesso appare anni prima dell’insorgenza clinica della malattia, fornendo un utile marcatore predittivo della progressione del diabete autoimmune. La presenza degli autoanticorpi anti-GAD65 è stata mostrata essere un forte marcatore predittivo per l’eventuale insorgenza del diabete mellito insulino-dipendente (IDDM)4 . La misurazione dell’anticorpo GAD65 può altresì essere utile nel distinguere il diabete insulino-dipendente da quello non insulino-dipendente in caso di anamnesi medica ambigua4 . Gli autoanticorpi anti-GAD65 sono spesso marcatamente elevati nei pazienti affetti dalla sindrome della persona rigida (anche denominata sindrome dell’uomo rigido), una condizione associata alla rigidità fluttuante e a spasmi parossistici del tronco e delle gambe5 .

PRINCIPIO DEL TEST Il dosaggio di GAD65 è un immunodosaggio in chemiluminescenza di tipo “sandwich”. Il campione (o calibratore/controllo, se applicabile), l’tampone, le microsfere magnetiche rivestite con l’antigene di GAD65 purificato sono mescolati accuratamente e incubati, formando complessi antigene-anticorpo; dopo la sedimentazione in un campo magnetico, il surnatante viene decantato e quindi viene eseguito un ciclo di lavaggio. Viene quindi aggiunto l’SPA marcato con ABEI, e viene incubato a formare complessi di tipo “sandwich”; dopo la sedimentazione in un campo magnetico, il surnatante viene decantato, e quindi viene eseguito un altro ciclo di lavaggio. Successivamente viene aggiunto lo Starter 1+2 per provocare l’avvio di una reazione chemiluminescente. Il segnale luminoso viene misurato da un fotomoltiplicatore come unità di luce relativa (RLU), la quale è proporzionale alla concentrazione di GAD65 presente nel campione (o calibratore/controllo, se applicabile).