Quando si parla di anemie microcitiche-ipocromiche il pensiero ricorre spontaneamente al concetto di carenza marziale quale causa responsabile della ridotta sintesi emoglobinica, per cui si potrebbe essere portati ad identificare questo gruppo di anemie con le sindromi anemiche caratterizzate sul piano biochimico da una più o meno sensibile diminuzione del ferro circolante.
A questo riguardo va però subito segnalato che se è vero che le anemie iposideremiche sono sempre microcitiche e ipocromiche, a meno che non vi sia una concomitanza di situazioni particolari come ad esempio una carenza di vitamina B12 e/o folati, non è sempre altrettanto vero l’inverso, poiché esistono forme anemiche ipocromiche e microcitiche in cui si ha addirittura ipersideremia.
E’ questo il caso delle anemie sideroacrestiche (l’utilizzo del ferro ancorchè disponibile per la sintesi della emoglobina è compromesso) e delle anemie talassemiche (l’ipersideremia è dovuta alla deficienza del supporto globinico dell’eme).
Inoltre, nell’ambito delle anemie microcitiche vanno differenziate e considerate a parte le anemie ferrocarenziali vere e quelle spurie, comprendendo tra quest’ultime le forme legate ad un difetto di utilizzazione del ferro per inceppamento a vari livelli, della normale biosintesi dell’eme e le forme dovute a difetto di mobilizzazione e di trasporto ematico del ferro.
Le cause che possono promuovere e mantenere un quadro di contrazione delle dotazioni e riserve di ferro dell’organismo sono molteplici:
- Insufficiente apporto alimentare e/o incongrua composizione della dieta
- Aumentate richieste fisiologiche (gravidanza, allattamento, accrescimento)
- Insufficienza nell’assorbimento intestinale
- Perdite croniche di sangue
- Aumentata secrezione urinaria di ferro
- Associata carenza marziale e protidica
- Combinazione di più fattori sideropenizzanti
Non sempre l’anemia segue immediatamente all’intervento della causa sideropenizzante, ma di solito intercorre un lasso di tempo variabile prima che si instaurino i segni dell’anemia.
L’entità delle manifestazioni cliniche è molto variabile. La sintomatologia soggettiva dominante non sempre è quella connessa allo stato anemico (facile esauribilità, dispnea da sforzo, palpitazioni, vertigini, cefalee, ronzii auricolari, ecc.); talora infatti prevalgono i sintomi della malattia di base che ha provocato la carenza marziale.
Nell’oggettività clinica ritroviamo un intenso pallore cutaneo ed alterazioni a carico dei tessuti epiteliali, probabilmente correlabili con un deficit di alcune componenti enzimatiche intracellulari. Le unghie in una elevata percentuale di pazienti appaiono fragili, opache, solcate da linee longitudinali e si mostrano spesso appiattite o con curvatura invertita a vetrino di orologio. Le alterazioni possono interessare anche l’epitelio linguale (la mucosa appare arrossata, le papille ipotrofiche) e i margini labiali presentano ulcerazioni e fissure. In una percentuale minore di soggetti specie di sesso femminile, viene colpita la mucosa esofagea, con formazione di pieghe mucose, soprattutto nella giunzione tra ipofaringe ed esofago, responsabili di disturbi della deglutizione. A carico della mucosa gastrica si riscontra gastrite ipotrofica e, specie nei bambini, le alterazioni possono estendersi al duodeno e all’ileo dando luogo ad una sindrome da malassorbimento.
Diagnosi della carenza marziale
L’anamnesi, con l’investigazione di tutte le cause precedentemente elencate come responsabili della carenza marziale, può talora consentire un orientamento diagnostico sulla natura dell’anemia.
Tra le indagini di laboratorio preliminari, l’osservazione dello striscio di sangue periferico può risultare di rilevante utilità. L’osservazione della morfologia dei globuli rossi al microscopio infatti continua a rappresentare, anche nell’epoca delle tecnologie più avanzate, un tempo fondamentale nella diagnostica di molte anemie. Essa consente infatti di confermare la determinazione elettronica delle dimensioni dei globuli rossi (MCV), di apprezzarne l’eventuale eterogeneità, di evidenziarne attraverso sfumature cromatiche le possibili disomogeneità della concentrazione emoglobinica e, soprattutto, di riconoscerne le alterazioni di forma e profilo che caratterizzano, talora con elevata specificità, diverse condizioni morbose e numerose varietà di anemia.
Il quadro tipico evidenzia una riduzione del diametro degli eritrociti (microcitosi) e una scarsa quantità di emoglobina nelle singole emazie , di cui è espressione la maggiore estensione dell’area chiara centrale. Le anomalie eritrocitarie, che possono mancare o essere poco evidenti nelle fasi iniziali della carenza marziale, con l’aggravarsi della deplezione diventano particolarmente evidenti: una notevole percentuale di emazie assume così l’aspetto di anulociti e possono osservarsi forme a bersaglio, spiccate anomalie di forma (poichilocitosi) e di dimensioni (anisocitosi). Il numero dei reticolociti è normale o diminuito.
Il midollo osseo è caratterizzato da una iperplasia eritroblastica con atteggiamento bradievolutivo della curva di maturazione, per prevalenza delle forme eritroblasti che meno differenziate (basofile o policromatofile) sulle ortocromatiche. Negli stadi più avanzati di deficienza marziale, i precursori eritroidi possono essere più piccoli della norma, con una scarsa quantità di citoplasma, a bordi irregolari e una ridotta quantità di emoglobina.
Tuttavia nessuna di queste caratteristiche morfologiche è sufficientemente specifica da consentire un sicuro orientamento diagnostico
La diagnosi definitiva di carenza marziale si basa sul riscontro di una deplezione dei depositi di ferro e di una riduzione del ferro di trasporto.
Nell’anemia ferropriva conclamata la concentrazione plasmatica del ferro è diminuita, la capacità legante è aumentata e la saturazione della transferrina è ridotta.
Diagnosi delle cause
La dimostrazione della ferro carenza è il primo passo di un iter diagnostico che successivamente deve indicare le cause che hanno provocato la deplezione delle riserve marziali dell’organismo. Nell’adolescenza e nella donna in età fertile frequentemente il deficit si origina per un rapporto di ferro insufficiente nei confronti delle aumentate richieste (accrescimento, mestruazioni, gravidanze, allattamento); nell’uomo adulto e nella donna in menopausa si deve piuttosto pensare ad un sanguinamento patologico, soprattutto a livello dell’apparato digerente dove una perdita di sangue può essere facilmente misconosciuta.
Diagnosi differenziale
Tra le condizioni morbose, la β-talassemia minor è in molte parti del mondo seconda, per frequenza, solo alla anemia ferrocarenziale nel determinismo di una anemia ipocromica-microcitica. Un preliminare orientamento diagnostico può derivare da una anamnesi familiare e dai risultati dell’esame emocromocitometrico. Il tasso eritrocitario nell’anemia ferrocarenziale è di solito inferiore a 5 x 106 per µl, mentre nella stragrande maggioranza dei pazienti con talassemia minor si superano, nonostante i livelli bassi di Hb, valori di 5 x 106 per µl.
Altri criteri differenziali sono rappresentati dal rapporto MCV/GR (nell’anemia ferrocarenziale > 14, nella talassemia < 14) e dalla funzione discriminatoria (DF) calcolata con la formula seguente DF=MCV-GR – (5 x Hb) -3,4 il cui valore positivo indica un’anemia ferrocarenziale, mentre quello negativo un trait talassemico. Per contro né le caratteristiche morfologiche dello striscio periferico né la determinazione delle resistenze osmotiche eritrocitarie hanno valore discriminante. Infatti in ambedue le condizioni morbose l’aspetto delle emazie è affatto simile, pur osservandosi, nella β-talassemia, con maggior frequenza eritrociti a bersaglio e con punteggiatura basofila; la resistenza osmotica delle emazie può risultare aumentata anche nella anemia ferrocarenziale.
Lo studio del ricambio marziale può risultare di indiscussa utilità. Nella talassemia la concentrazione del ferro serico e l’entità dei depositi marziali a livello midollare risultano in genere normali o più spesso aumentati.
La diagnosi definitiva del trait talassemico è formulata sulla base del riscontro di un aumento della concentrazione dell’HbA2 e dell’HbF o della presenza di emoglobine a comportamento elettroforetico anormale (H o Lepore).
Un’ipocromia simile a quella osservata nell’anemia ferrocarenziale, contraddistingue anche il 20-30% delle anemie da disordine cronico. La diagnosi differenziale si basa in questo caso, oltre che alla identificazione di un eventuale disordine cronico in grado di provocare anemia, sullo studio del ricambio marziale ed in particolare sul comportamento della capacità legante il ferro e del ferro di deposito infatti, anche se in ambedue le condizioni morbose la concentrazione di ferro serico risulta diminuita, nell’anemia da disordine cronico, contrariamente all’anemia ferrocarenziale, si ha una riduzione anche della capacità legante il ferro, mentre le riserve marziali a livello del sistema reticoloendoteliale risultano aumentate.
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