E’ sempre più frequente tra i giovani il ricorso, a scopo voluttuario, a derivati amfetaminici, generalmente contenuti in compresse che, con vari nomi e altrettanto varie percentuali di principi attivi, sono facilmente reperibili sul mercato clandestino.
I principi attivi presenti in maggiore percentuale sono MDMA, MDA e MDEA.
MDMA è comunemente noto come Ecstasy.
MDA è un composto che si può considerare teoricamente derivato dalla molecola dell’amfetamina.
MDEA è un composto strettamente correlato all’MDMA in quanto differisce da quest’ultimo per avere un etile piuttosto che un metile legato all’atomo di azoto presente nella formula dell’amfetamina.
Sebbene il nome Ecstasy si riferisca all’MDMA è talvolta usato in maniera non selettiva in ambito dei venditori e dei consumatori i quali spesso indicano con questo nome anche gli altri due derivati amfetaminici .
MDMA, MDA e MDEA sono composti molto simili non solo sotto il profilo chimico ma anche sotto quello degli effetti biologici.
Analogamente all’amfetamina, trattasi di molecole prodotte per sintesi molto tempo fa che non esistono in natura.
L’MDMA trovò la sua prima applicazione nel corso della prima guerra mondiale quando fu largamente somministrata alle truppe al fine di migliorare la resistenza fisica ed aumentare la capacità di reazione dei militari oltre che attenuare in questi ultimi la sensazione di paura, la stanchezza e la fame.
Sebbene la neurotossicità di questa sostanza cominciasse ad essere in parte nota nel 1914, non si attribuirono ad essa effetti che compromettessero seriamente e permanentemente la salute dell’uomo, bensì si ritenne che si trattasse di effetti di relativa e scarsa importanza e limitati nel tempo.
Soltanto alla fine degli anni Sessanta si comprese che i presunti benefici derivati dall’assunzione di tali molecole accompagnassero indesiderati e gravi effetti collaterali che ne sconsigliavano l’impiego terapeutico. Frattanto, però, l’MDMA, negli stessi anni, cominciò ad essere spacciata illegalmente e usata come droga d’abuso.
L’Ecstasy differisce dall’amfetamina e dalla metamfetamina in quanto ha un gruppo metilendiossido legato alle posizioni 3 e 4 dell’anello aromatico della molecola dell’amfetamina. La struttura della molecola non soltanto ricorda un po’ quella dell’allucinogeno mescalina ma, addirittura, conferisce all’ ecstasy come alla MDEA, effetti farmacologici in parte confrontabili con quelli delle amfetamine e della mescalina.
MDMA, MDA e MDEA assomigliano anche sotto il profilo strutturale ai neurotrasmettitori epinefrina (o adrenalina) e dopamina cosicché molto dei loro effetti biologici sono paragonabili con quelli dell’epinefrina, della dopamina e della serotonina. Analogamente alle amfetamine sono ammine che possono esistere sia come basi libere sia come sali dei vari acidi.
I Sali sono abbastanza solubili in acqua per cui possono essere assunti per via endovenosa o anche per via orale. Quest’ultima via è quella generalmente preferita in quanto la natura lipofila della droga fa sì che essa venga in pochi minuti assorbita dalla mucosa gastrica e dall’intestino tenue. Conseguentemente, entrata nel flusso ematico, la droga raggiunge il cervello superando la barriera ematoencefalica.
Facendo riferimento alla sola MDMA, solitamente l’assunzione è generalmente contenuta nei limiti di 50-150 mg e l’assorbimento è rapido a livello intestinale. Il picco plasmatico si raggiunge in circa due ore. L’emivita plasmatica è di 6-7 ore e gli effetti raggiungono il culmine già dopo appena un’ora dall’assunzione permanendo per circa 4-8 ore. L’eliminazione si ha attraverso le vie urinarie. Tre giorni, in genere, sono sufficienti per l’eliminazione di circa il 70% della droga assunta.
Poiché alcuni metaboliti dell’MDMA sono ancora farmacologicamente attivi, in particolar modo l’MDA, la durata degli effetti tossicologici conseguente all’abuso di ecstasy, può superare il tempo di permanenza dell’MDMA nell’organismo intossicato.
E’ ormai chiaro che l’abuso di ecstasy produce non pochi gravi danni nell’immediato ed espone a pericolosi rischi nel lungo termine.
La sua azione sul sistema nervoso centrale è molto complessa e parecchi sono i siti su cui opera la droga. La non facile decifrazione degli effetti tossicologici dell’ecstasy richiede un approfondito studio del suo metabolismo epatico. Ad oggi lo schema metabolico individuato corrisponde al processo di detossificazione di numerosi composti elletrofili che, coniugati con il glutatione, vengono successivamente eliminati come acidi mercapturici. Recentemente, però, è stato osservato che la coniugazione dei chinoni con il glutatione può non concorrere alla semplice eliminazione del tossico bensì determinare nefrotossicità ed epatotossicità.
Conseguenze frequenti dovute all’abuso di Ecstasy, che concorrono a determinare un danno renale, sono l’insorgenza di coagulazione intravasale disseminata, vasocostrizione, rabdomiolisi, ipetermia.
Gli effetti neurotossici sono importanti e numerose evidenze sia sperimentali che cliniche hanno ormai dimostrato come L’MDMA e numerosi altri derivati amfetaminici, agiscono incrementando il netto rilascio di neurotrasmettitori come, ad esempio, serotonina e noradrenalina.
In particolar modo l’MDMA si lega ai rispettivi trasportatori presinaptici determinando la liberazione massiva di serotonina extracellulare , neurotrasmettitore implicato nel ritmo del sonno, dell’alimentazione e dell’attività cerebrale.
L’incremento della lucidità mentale è legato soprattutto all’azione dell’ecstasy sul lobulo prefrontale. Questa parte, che si sviluppa con l’età, è deputata al controllo dell’attività mentale e spiega perché composti anfetaminici simili all’ecstasy sono usati talvolta al fine di avere una maggiore capacità di concentrazione intellettuale.
Gli effetti prodotti dall’abuso di ecstasy sono numerosi e non tutti ancora perfettamente chiariti.
L’azione dell’ecstasy sull’attività muscolare si deve ad un aumento dell’azione della placca neuromuscolare che rappresenta il punto di controllo del sistema nervoso sulla contrazione dei muscoli.
L’ipetermia che generalmente si accompagna all’assunzione della droga, si deve all’azione diretta di quest’ultima sul sistema di termoregolazione.
L’ecstasy stimola anche il sistema cardiovascolare , inducendo un aumento della pressione arteriosa e dei battiti cardiaci, in quanto agisce su specifici recettori, gli α stimolanti che aumentano l’azione dell’adrenalina e della noradrenalina, meglio note come catecolamine, del cuore.
Il cervello di chi fa uso di metamfetamine somiglia a quello di persone sane, ma di almeno 20-30 anni più anziane, le quali iniziano a mostrare problemi nel muoversi, concentrarsi e ricordare in seguito al calo del numero di molecole che trasportano dopamina. Infatti alla stimolazione della produzione di dopamina da parte delle cellule cerebrali specializzate, segue la distruzione delle molecole che le trasportano il neurotrasmettitore nelle varie parti del corpo. Mentre lo stimolo sulle cellule produttrici è di breve durata , il danno alle molecole di trasporto continua per mesi dopo l’assunzione.
Poiché il morbo di Parkinson è causato dal progressivo cattivo funzionamento nella produzione e nel trasporto della dopamina nel cervello, si sospetta che chi abbia fatto un forte uso di ecstasy possa avviarsi precocemente alla strada che conduce a questa malattia.
L’assunzione di MDMA a dosi elevate e per lungo tempo , compromettendo l’attività dei neuroni serotonergici, incide sulla regolazione di diverse funzioni: memoria, sonno, umore, appetito, comportamento sessuale. Inoltre aumenta l’incidenza di danni vascolari cerebrali che, in soggetti con alterazioni vascolari preesistenti magari non note, potrebbe provocare fatali emorragie per l’effetto vasoattivo.
Link alla monografia:
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http://www.medicalsystems.it/wp-content/uploads/2015/11/124_Allucinogeni-I.pdf
Link alla monografia:
Allucinogeni e Nuove droghe (II). Cesare Baccini. Caleidoscopio N° 127, Novembre 2015
http://www.medicalsystems.it/wp-content/uploads/2015/11/127_Allucinogeni-II.pdf
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