Un biomarcatore è in grado di prevedere quali pazienti con insufficienza cardiaca hanno un rischio maggiore di morire

L’insufficienza cardiaca cronica (CHF) è associata ad un aumento dell’attività simpatica e può determinare un incremento dell’espressione del cotrasmettitore neuropeptide Y (NPY) all’interno dei neuroni simpatici. I ricercatori della UCLA hanno voluto valutare se i livelli miocardici di NPY sono associati con gli outcomes dei pazienti con CHF stabile. A tale scopo hanno condotto uno studio prospettico di coorte osservazionale in un singolo centro ospedaliero. I pazienti studiati avevano un quadro clinico di insufficienza cardiaca stabile e sottoposti a terapia di risincronizzazione cardiaca (CRT) elettiva tra il 2013 e il 2015. Questa terapia si basa sull’inserimento nel paziente di un apparecchio terapeutico che tramite elettrodi trasmette degli impulsi elettrici al cuore, stimolando l’atrio destro e i ventricoli destro e sinistro. Con la terapia di risincronizzazione i ventricoli possono tornare a battere in modo coordinato (sincronizzato), migliorando così nettamente la funzione di pompa del cuore. Gli outcomes ed i dati presi in esame sono stati il ricovero per insufficienza cardiaca cronica, la morte, il trapianto di cuore ortotopico ed il posizionamento di dispositivo di assistenza ventricolare. I campioni di sangue dal seno coronarico (CS) sono stati ottenuti, in 105 pazienti, durante l’impianto del dispositivo per la terapia di risincronizzazione cardiaca (CRT). I dati clinici, di laboratorio e gli outcomes sono stati raccolti in modo prospettico. In sintesi, i livelli di NPY nel seno coronarico possono essere associati agli outcomes nei pazienti con CHF stabile sottoposti a CRT indipendentemente dalla risposta alla CRT. La ricerca mostra infatti che i pazienti con livelli più alti di neuropeptide Y hanno una probabilità 10 volte maggiore di morire entro uno o tre anni rispetto a quelli con livelli più bassi del neuropeptide.