Lo studio dei biomarcatori ematici potrebbe aiutare a comprendere e prevedere gli schemi d’invecchiamento dell’organismo umano; in questo modo i sanitari potrebbero identificare il potenziale sviluppo di malattie, come il diabete o le malattie cardiovascolari, anni prima che il paziente mostri i primi sintomi. I ricercatori della Boston University sono giunti a questi prognostici dopo aver misurato i marcatori ematici degli oltre 4500 partecipanti al Long Life Family Study (LLFS) ed usato un algoritmo agglomerante per l’identificazione di segni caratteristici nei loro biomarcatori. I risultati così ottenuti sono stati quindi correlati con cambiamenti longitudinali di altri parametri registrati durante il LLFS (es: mortalità, diabete di tipo 2, rischio d’incidenza di carcinoma). L’analisi ha portato all’iniziale identificazione di sette segni distintivi, replicati in un secondo momento all’interno di un insieme di dati indipendenti dai primi e che facevano parte del Framingham Hearth Study. Dunque è risultata evidente ai ricercatori l’esistenza di una diretta connessione fra gli elementi distintivi dei biomarcatori e le modalità d’invecchiamento delle persone; dall’interpretazione di questi schemi prospettano una possibilità di predire nel prossimo futuro i cambiamenti nello stato di salute delle persone, nelle loro funzioni cognitive o in quelle fisiche, a che età saranno più suscettibili alla comparsa di specifiche malattie. In conclusione, questo studio fornisce i primi strumenti per fare delle analisi, diagnosi e prognosi “a lungo termine” ed in modo non invasivo; ci si aspetta con buona probabilità che successivi studi su campioni più grandi e su un numero maggiore di biomarcatori potrano permettere di inserire nuovi segni distintivi di biomarcatori oltre a rilevarne alcuni totalmente nuovi.
Biomarker signatures of aging; P. Sebastiani, B. Thyagarajan, F. Sun et al.; Aging Cell, Jan 2017; http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/acel.12557/full