La valutazione della concentrazione di ferro nel cervello potrebbe essere impiegata per predire la progressione della malattia di Alzheimer (AD); inoltre la riduzione dei livelli di ferro cerebrale potrebbe divenire oggetto di nuove terapie volte al rallentamento della progressione di questa malattia. Ashley I. Bush, uno degli autori dell’articolo in questione, ha dichiarato infatti che il ferro nel cervello è un “pilota sottovalutato nel processo di progressione della AD”, evidenziando inoltre la presenza di differenti articoli a sostegno di un’interazione fra il carico di ferro nel cervello ed i processi patogenici. La connessione andrebbe ricercata nell’allele ε4 dell’Apolipoproteina (APOE), termine di valutazione per il rischio genetico per la AD ed influente sui livelli di ferritina nel liquido cefalorachidiano (CSF). Per giungere a queste conclusioni i ricercatori hanno condotto un’analisi dei dati contenuti nell’Alzheimer Disease Neuroimaging Initiative (ADNI), rilevando i differenti valori di cognizione e studiandoli con modelli lineari ad effetti misti. Hanno quindi osservato come i livelli di ferritina nel CSF sono direttamente collegati al deterioramento cognitivo nei pazienti cognitivamente normali; dunque l’azione combinata della ferritina col tempo e l’allele ε4 è ritenuta responsabile di questo processo. Perciò i ricercatori sono convinti che l’effetto della ferritina vada considerato superiore persino a quello di biomarcatori più diffusi come il tau e l’amiloide β. Ulteriori studi verificheranno quindi la possibilità di ridurre la velocità di progressione della AD in fase iniziale grazie all’uso di farmaci in grado di chelare il ferro.
30 gennaio 2017
Il ferro nel liquido cefalorachidiano come marcatore per la progressione della malattia di Alzheimer
Association of Cerebrospinal Fluid Ferritin Level With Preclinical Cognitive Decline in APOE-ε4 Carriers
S. Ayton, N.G. Faux, A.I. Bush
JAMA Neurology, Jan 2017, 74, 1, 122-125
http://jamanetwork.com/journals/jamaneurology/article-abstract/2587485