Nelle scorse settimane, oltre 250 persone, andate incontro a guarigione dopo aver sviluppato la COVID-19, si sono recate presso il campus della Rockefeller University per contribuire con il loro sangue allo sviluppo delle conoscenze su questa malattia. Infatti, un gruppo di ricercatori di questa Università ritengono che possa essere impiegato un approccio terapeutico con l’impiego degli anticorpi di questi pazienti che precedentemente erano malati. Lo studio è uno dei quasi 20 progetti COVID-19 che sono stati avviati dai ricercatori della Rockefeller University dall’inizio di marzo nel tentativo di comprendere meglio il virus SARS-CoV-2 e accelerare lo sviluppo di nuovi trattamenti. Il piano del team è quello di trovare i cosiddetti neutralizzatori d’élite: la minoranza di persone che hanno sconfitto l’infezione in modo così eccezionale che i loro anticorpi hanno la potenzialità per diventare farmaci. “Stiamo setacciando milioni di anticorpi prodotti da ogni persona per scoprire quali che effettivamente neutralizzano il virus”, afferma Michel C. Nussenzweig, capo del Laboratorio di immunologia molecolare. Il team ha già identificato una serie di anticorpi in grado di bloccare l’interazione del virus con il suo recettore. Quelli con le maggiori potenzialità passeranno alla fase successiva del progetto, in cui i ricercatori lavoreranno con i partner del settore per produrre materiale per test clinici. Il sistema immunitario impiega diversi giorni per sviluppare anticorpi in grado di riconoscere l’agente patogeno, tempo che il virus può utilizzare attestarsi nell’organismo a volte in maniera poi insormontabile. Per dare al sistema immunitario un vantaggio nella sua corsa contro il virus in rapida replicazione, i ricercatori di tutto il mondo hanno adottato un approccio secolare con l’impiego del plasma dei pazienti sopravvissuti contenente anticorpi già prodotti che vengono somministrati a un individuo con l’infezione in atto. Il trattamento potrebbe essere efficace, ma presenta degli svantaggi: il plasma di un donatore può essere usato per trattare solo uno o due pazienti, mentre gli anticorpi prodotti con l’approccio studiato dal team della Rockefeller University potrebbero trattare praticamente qualsiasi numero di pazienti. Inoltre, l’efficacia dei “trapianti” non è uniforme. Il plasma di ciascun donatore varia perché gli anticorpi sono estremamente diversi e non tutti ugualmente efficaci, i ricercatori hanno infatti trovato una variazione molto grande nei livelli di anticorpi neutralizzanti SARS-CoV-2, in alcune persone i livelli sono così bassi che il loro plasma è praticamente inattivo, mentre altri hanno un plasma con una grande capacità di neutralizzazione”. In base alla precedente esperienza i ricercatori prevedono di individuare circa il cinque percento dei donatori volontari con livelli elevati di potenti anticorpi ed un ulteriore screening di questo gruppo di persone sta permettendo ai ricercatori di identificare i cosiddetti “broadly neutralizing antibodies”, or bNAbs, che hanno la potenza più elevata. Il plasma dei pazienti convalescenti è un’arma smussata del 19° secolo: può essere efficace ma non è molto potente e può essere inaffidabile”, afferma Nussenzweig. “I bNAb sono missili guidati con precisione dotati di testate nucleari.” Per individuare le cellule immunitarie utili che producono i bNAb, il team utilizza una tecnica sviluppata da Nussenzweig nel 2009, che prevede l’introduzione di una proteina di superficie virale fluorescente nel campione di sangue. Le cellule che producono anticorpi contro il virus lo catturano e quando passano attraverso uno strumento di rilevamento, vengono individuate. Una volta clonati e prodotti per uso clinico, gli anticorpi possono essere somministrati con un’iniezione per combattere il virus nei pazienti e prevenire l’infezione in popolazioni ad alto rischio come gli operatori sanitari. Si potrebbe ipotizzare che questi interessanti sviluppi potrebbero avere importanti sviluppi anche in ambito diagnostico per individuare coloro che presentano i “broadly neutralizing antibodies”, or bNAbs che conferisce loro una reale immunità in un possibile scenario futuri, che alcuni governi ipotizzano, in cui si possa attestare lo stato sanitario con un passaporto di immunità.
29 aprile 2020
L’esperienza della terapia con gli “elite antibodies” dei pazienti guariti dalla COVID-19. Possibile applicazione anche nel campo diagnostico?
Scientists are using 'elite' antibodies from COVID-19 survivors to develop potent therapies
The Rockefeller University News 21 April
https://www.rockefeller.edu/news/27956-scientists-using-elite-antibodies-covid-19-survivors-develop-potent-therapies/