Minima invasività e elevata prestazioni definiscono il nuovo saggio per il carcinoma della vescica

Lo sviluppo di un saggio per l’identificazione del carcinoma della vescica dalle prestazioni ottimali (minima invasività ed elevata sensibilità) è alla base di numerosi studi. La cistoscopia diagnostica, tecnica comunemente impiegata per lo studio dei pazienti con ematuria e la diagnosi del carcinoma della vescica, è infatti caratterizzata da una limitata sensibilità che, in molti casi, può portare alla dimissione d’ignari pazienti esposti realmente ad elevati rischi. Relativamente a questo topic, un gruppo di ricercatori olandesi ha reso nota in queste settimane la realizzazione di un nuovo saggio per l’analisi delle urine in caso di ematuria, l’identificazione di mutazioni e metilazioni del DNA ed il riconoscimento dei pazienti che hanno effettivamente necessità di essere sottoposti a cistoscopia. Lo studio è stato condotto analizzando epigeneticamente il DNA cellulare trovato nelle urine appartenenti a pazienti con ematuria; sul totale di 154 campioni raccolti, 74 dei campioni erano di pazienti affetti da carcinoma della vescica mentre i rimanenti 80 erano di pazienti non affetti da carcinoma alla vescica. La combinazione degli esami impiegando la reazione a catena della polimerasi specifica della metilazione e per l’analisi della metilazione dei differenti loci genetici ha portato così allo sviluppo di un panel dall’elevata accuratezza, con un modello dotato del 97% di sensibilità ed 83% di specificità. I ricercatori hanno quindi concluso ritenendo questi risultati predittivi dello sviluppo di futuri esami dalle migliori prestazioni e meno invasivi, in grado di ridurre i costi sia del sistema sanitario e l’onere per il paziente.