Il dosaggio nel sangue di calcidiolo o 25-Idrossivitamina D3 (25(OH)D) viene comunemente usato come riferimento per conoscere la concentrazione di vitamina D nell’organismo. Numerosi articoli pubblicati nell’ultimo ventennio si sono inoltre interessati al possibile collegamento fra la bassa concentrazione di calcidiolo nel sangue ed il rischio di malattie cardiovascolari, infarto acuto del miocardio, cancro, fratture e mortalità. Come conseguenza dei dati emersi da questi studi, molteplici Società scientifiche hanno suggerito l’aumento della soglia di carenza del 25(OH)D da 50 nmol/L a 75 nmol/L. Recentemente l’Istituto della Medicina (IOM) ha tuttavia rilasciato un rapporto in cui si attestava l’assenza di benefici, esclusa la patologia ossea, dall’avere una concentrazione sanguigna di 25(OH)D superiore ai 50 nmol/L.
Tra tutte queste dichiarazioni e smentite Scott e Gronowski hanno deciso d’interrogare quattro esperti del settore per sapere la loro opinione al riguardo. Nell’articolo riportano quindi le risposte degli specialisti alle domande più importanti come:
– In base a cosa dovrebbe essere scelto l’intervallo di riferimento del 25(OH)D? Sesso? Età? Stagione? Qualche caratteristica biologica?
– Differenze nella concentrazione della proteina legante la vitamina D (VDBP) influenzano il dosaggio del 25(OH)D effettuato con differenti tecniche?
– Le ultime scoperte sul polimorfismo della VDBP influenzano l’interpretazione della possibile associazione fra la concentrazione del 25(OH)D ed la mortalità dovuta al cancro, al diabete o le malattie cardiovascolari?
14 maggio 2015
Quali sono i livelli necessari nel sangue di vitamina D?
Vitamin D: The more we know, the less we know
M.G. Scott, A.M. Gronowski
Clinical Chemistry, 2015, 61:3, 464-465
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