E’ ormai chiaro come la maggior parte della popolazione, medici compresi, non abbia chiaro quali sono i livelli di vitamina D raccomandabili e quali richiedono invece un’integrazione. Catherine Price discute e ricerca il bandolo della matassa in un articolo pubblicato sul Los Angeles Times. Non è discutibile l’importanza di questa molecola in quanto direttamente connessa all’assorbimento del calcio nell’organismo e, quindi, al normale metabolismo osseo; tuttavia i dati statistici dimostrano come la vitamina D venga venduta in quantità superiori a tutti gli altri integratori (multivitaminici, probiotici, olio di pesce etc). Alcune delle ragioni dietro un mercato in crescita del 10% annuo andrebbero ricercate nella pubblicità su possibili utilizzi della suddetta come strumento preventivo per le patologie cardiovascolari, asma, ipertensione arteriosa, patologie autoimmuni come il diabete di tipo 1 e persino i tumori maligni; tutti studi ancora in via di sviluppo ed ancora privi di alcuna correlazione certa fra assunzione e diminuzione del rischio. Un’ulteriore fonte di confusione deriva dalla contraddittorietà fra le raccomandazioni rilasciate dall’Institute of Medicine, organizzazione responsabile per la decisione dei valori alimentari soglia per la popolazione americana, e quelle invece di numerosi esperti medici. Questa discordanza di opinione fra due organi di riferimento crea dunque confusione sulla corretta valutazione dei livelli di vitamina D; la stima degli esami diventa dipendente dal giudizio soggettivo del medico piuttosto che da un dato oggettivo. In questa situazione Catherine Price suggerisce dunque di tenere a mente come, benché non siano chiari quali concentrazioni minime di vitamina D siano da considerarsi accettabili, livelli troppo elevati di vitamina D possono causare danni al sistema circolatorio e renale.
9 giugno 2016
Quali sono i livelli di Vitamina D necessari?
Our bodies make vitamin D naturally. So why do Americans spend billions on supplements?
C. Price
Los Angeles Times, May 2016
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